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Sfruttamento generazionale

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La visione olistica del libertarismo è affascinante per noi libertari, non c’è dubbio, ma può far spaventare la maggior parte della gente, ovvero chi libertario non è. Sono quindi un sostenitore degli argomenti singoli, non dell’argomento olistico. Uno degli argomenti che a mio parere potrebbe portare molta gente a vedere di buon occhio il libertarismo è la sua critica del modello del welfare attraverso l’ottica dello sfruttamento generazionale. Infatti cosa è il welfare se non un immenso spostamento di ricchezze da una generazione (giovane) all’altra (vecchia)? Prendiamo la sanità per esempio: i giovani sono per lo più sani e presentano un minor numero di malattie disabilitanti. Eppure si trovano nella situazione di dover pagare per chi, anziano, ha i maggior problemi di salute. L’onere del sostentamento viene spostato da una generazione all’altra. Chi ci perde ovviamente è la generazione più giovane che non solo ha estrema difficoltò ad entrare nel mondo del lavoro ma deve anche ritardare l’entrata nel mercato immobiliare a causa della tassazione forzata per alimentare la generazione precedente.

Voi direte: ma sono anziani, come potrebbero pagarsi le spese della sanità con la pensione che si ritrovano? Il problema ovviamente è a monte, ovvero che se questi anziani a loro volta non avessero pagato quando erano giovani per la generazione precedente (dei loro padri) a quest’ora avrebbero abbastanza capitale per badare a loro stessi. Stesso argomento vale per le pensioni ovviamente dove lo spostamento di ricchezze da Generazione A a Generazione B è molto più evidente. Qual è l’alternativa, voi vi chiederete? Basterebbe tornare al “welfare prima del welfare”, ovvero al periodo prefascista in cui l’aiuto era intragenerazionale e non intergenerazionale. Prima che lo stato fascista si inventasse il welfare obbligatorio esistevano le cosiddette “casse del mutuo soccorso”. Queste assicurazioni private erano molto comuni tra la classe operaia del secolo scorso per esempio. Erano società private istituite dai gruppi operai per gestire il welfare, sia sanitario che pensionistico, a livello intragenerazionale. Ognuno metteva una quota mensile che poi veniva accumulata in una cassa comune e poi devoluta a chi ne avrebbe avuto bisogno. La cosa interessante era che il welfare dell’epoca era sentito come qualcosa di proprio, perché rappresentava un investimento personale all’interno di una comunità coesa e di cui si sentiva l’appartenenza di classe. Gli stessi operai quindi avevano tutto l’interesse affinché le risorse comuni non venissero sprecate o date ingiustamente a chi non ne aveva veramente bisogno. Le regole infatti erano molto ferree e i pagamenti venivano dati solo a chi poteva dimostrare senza ombra di dubbio di essere diventato disabile o inabile a quel particolare lavoro. Tant’è che tra le regole per beneficiare di tali casse vi era pure il divieto dell’abuso di alcolici. In pratica queste associazioni discriminavano attivamente tra i propri aderenti nel caso la malattia o la disabilità fossero state causate da comportamenti autodebilitanti dell’individuo. Le casse di mutuo soccorso sono quindi associazioni protolibertarie perché consistono in associazionismo volontario (sistema emergente), autofinanziamento e indipendenza di statuti (autocefale), selezione dei beneficiari (discriminazione interna) e finanziamento intragenerazionale.

Al contrario il welfare statale moderno è obbligatorio, pagato con denaro estorto con le tasse, indiscriminato e totalmente dipendente dalla politica e dai governi di turno e depreda una generazione per sostenerne un’altra. Cosa c’è di più convincente di un argomento del genere contro il welfare state? La prossima volta che vi troverete nella situazione di dover argomentare contro chi libertario non é riguardo al welfare portate avanti questo argomento e lasciate perdere l’approccio olistico (libero mercato, libertà dell’individuo, la teoria libertaria ecc.) e fateci sapere come è andata.


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